Saga di Hap e Leonard Vol.1 - Una Stagione Selvaggia by Joe R. Lansdale

Saga di Hap e Leonard Vol.1 - Una Stagione Selvaggia by Joe R. Lansdale

autore:Joe R. Lansdale [Lansdale, Joe R.]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 1990-02-07T21:00:00+00:00


16.

Il mattino seguente rimasi nel mio sacco a pelo fino a che Trudy e Howard non andarono al lavoro. Non volevo guardare negli occhi nessuno dei due. Non volevo vedere né lo sguardo deluso che lei mi avrebbe rifilato, né l'aria angosciata che avrebbe avuto Howard. Probabilmente si era svegliato nel cuore della notte, non l'aveva trovata, e aveva pensato che fossimo usciti a scopare come ricci fino alle prime ore del mattino.

Secondo me Trudy voleva che lui lo pensasse. Avrei voluto che fosse andata davvero così. Avrei voluto non sapere mai la verità su Cip.

Il giorno prima qualcuno aveva comprato della roba da mangiare, così Leonard scaldò un paio di fette di pane, ci spalmammo su del burro e scaldammo del caffè avanzato schifoso e denso come sciroppo.

Fuori era una giornata fredda, ma ancora soleggiata. Andammo in macchina fino alle paludi e mettemmo in atto la nostra strategia.

Era semplice. Guidavamo lungo la strada principale finché non vedevamo un sentiero percorribile in macchina, e lo imboccavamo.

A volte i sentieri ci riportavano sulla strada principale, oppure ne incrociavano un'altra più piccola.

Quando un sentiero finiva nei boschi o sul fiume, o c'era troppo fango per guidare, scendevamo dalla macchina e. camminavamo ancora un po', nella speranza che io vedessi qualcosa di familiare che ci conducesse a un affluente, a un ruscello o a qualche piccolo deflusso d'acqua dove sorgeva l'Iron Bridge.

Perlopiù andavamo a piedi e Leonard imprecava contro la sterpaglia e i tronchi marci che dovevamo scavalcare. Credo che cercasse di irritarmi. Per quel che ne sapevo, camminare nei boschi non era mai stato un problema per lui. Forse voleva ricordarmi che riteneva tutta la faccenda una stupidaggine e che mi stava solo assecondando.

Cercai di ignorarlo e di ascoltare i versi degli uccelli e i rumori del fiume. Quei suoni mi ricordavano bellissime giornate passate a pescare i channel cats, un tipo di pesce-gatto soprannominato la trota del Sabine. È color grigio metallo, snello e aggraziato con la testa appuntita e la coda larga e biforcuta. Poi c'erano quelli più grossi che nuotavano sul fondo del fiume o se ne stavano tra le grosse radici degli alberi dentro l'acqua. Alcuni li chiamavano bottom cats e altri flatheads. Erano delle bestiacce marroni, a volte lunghe quasi cinque metri, pesanti anche cinquanta chili, con la coda stretta, la testa larga e una bocca grande abbastanza da inghiottire un bambino. E si diceva che fosse anche successo.

Di certo c'erano delle aguglie che avevano morsicato bambini e trascinato sott'acqua dei cani che nuotavano per mangiarseli a merenda. Non per niente quelle più grosse venivano chiamate aguglie-alligatori. Erano lunghe quasi due metri, sottili e maligne, dei barracuda d'acqua dolce, bestie con feroci memorie ancestrali di mari preistorici ormai scomparsi.

E ogni tanto spuntava fuori Lui, l'alligatore. Avevo sempre saputo che non erano molto numerosi in questo tratto del Sabine, e da ragazzino ne avevo visto solo uno nel fiume, e anche quello da lontano. Ne avevo visto un altro tutto intero, morto, gettato nel baule del pick-up di un pescatore davanti al Coogen's Feed Store.



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